Sentenza n. 32061 del 31/10/2022
Le Sezioni Unite Civili, decidendo su contrasto e su questione di massima di particolare importanza, hanno affermato che in tema di spese processuali, l'accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un'unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, potendo giustificarsi soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall'art. 92, comma 2, c.p.c. Presidente: P. Curzio Relatore: G. Mercolino
Sentenza n. 43391 ud. 11/10/2022 - deposito del 15/11/2022 Omessa custodia – Ambito di applicazione – Armi antiche – Esclusione – Ragioni.
La Prima Sezione penale, in tema di armi, ha affermato che la contravvenzione di omessa custodia di cui all’art. 20 della legge 18 aprile 1975, n. 110, in quanto riferita alle sole “armi di cui ai precedenti articoli 1 e 2”, non è configurabile in relazione alle armi antiche, che non sono disciplinate da dette disposizioni, ma dall’art. 10, comma 7, della citata legge n. 110 del 1975 e dal regolamento di cui al d.m. 14 aprile 1982. (Fattispecie relativa ad armi fabbricate in epoca anteriore al 1860, che l’imputato custodiva nella propria abitazione, appese alle pareti). Presidente: S. Mogini Relatore: G. Rocchi.
L’assenza del requisito della convivenza
In tema di danno parentale, l’assenza del requisito della convivenza non può essere di per sé considerato un elemento sufficiente per escludere il risarcimento del danno per la morte di un parente in un incidente stradale. Sussiste il danno parentale, pertanto, anche in assenza di convivenza. A precisarlo è la Cassazione accogliendo con rinvio il ricorso dei nipoti di una donna deceduta dopo essere stata travolta da un’auto mentre attraversava la strada, nei confronti del conducente, del proprietario e dell’assicurazione. Per la Suprema corte va superata l’aprioristica esclusione del risarcimento nei confronti dei parenti che non abitano con la vittima. Va sempre accordata, invece, la possibilità di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti e caratterizzati da reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto. Cassazione civile sez. VI, 24/03/2021, n.8218
la Cassazione sul limite massimo entro il quale riconoscere la lieve entità
Con sentenza n. 45061 del 3 novembre 2022, depositata il 25 novembre 2022, la sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha affermato che, per consolidata giurisprudenza, il reato di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, può essere riconosciuto in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell'azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio (Cass. pen., sez. un., 24 giugno 2010, n. 35737; Cass. pen., sez. un., 21 giugno 2000, n. 17). Anche la più recente pronuncia resa da Sez. Un., 27 settembre 2018, n. 51063 ha fatto applicazione di tali principi, sia pur con riguardo ad una fattispecie diversa da quella in esame, affermando che la diversità di sostanze stupefacenti oggetto della condotta non è di per sé ostativa alla configurabilità del reato di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. cit., in quanto l'accertamento della lieve entità del fatto implica una valutazione complessiva degli elementi della fattispecie concreta, selezionati in relazione a tutti gli indici sintomatici previsti dalla disposizione. I principi espressi a più riprese dalle Sezioni unite forniscono un parametro interpretativo univoco, essendosi ribadito come nella valutazione della tenuità del fatto ai sensi del comma 5 dell'art. 73, non può assumere, di norma, valenza esclusiva ed assorbente il dato quantitativo, né quello qualitativo con riferimento alla diversità delle sostanze oggetto di cessione. La valutazione del fatto deve guardare alla complessità dello stesso, valorizzando - in senso positivo o negativo - tutti gli elementi che contraddistinguono quella determinata condotta. Tale criterio di giudizio può subire una flessione solo nel caso in cui il dato ponderale sia di per sé talmente rilevante da determinare l'assorbimento dei restanti aspetti della condotta. Il giudizio di offensività richiesto dall'art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 non può fondarsi sul numero di dosi medie singole ricavabili, posto che tale dato indica unicamente, la quantità di principio attivo per singola assunzione idonea a produrre in un soggetto tollerante e dipendente un effetto stupefacente, ma non corrisponde necessariamente al numero di dosi in concreto commercializzate con il quantitativo di stupefacente sequestrato.
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